sabato 24 novembre 2012

Troppi additivi nel pesce fresco non vengono dichiarati in etichetta. La lista delle furberie



La legge autorizza l'uso di additivi nel pesce fresco, congelato e surgelato e nei filetti non lavorati (congelati o surgelati). L'uso dovrebbe essere necessario quando si riscontra un effettivo vantaggio per i consumatori, ma in ogni caso l'impiego non deve essere ingannevole. Nella maggior parte dei casi non ci sono pericoli per la salute, perchè si tratta di additivi autorizzati utilizzati in modo scorretto.

Purtroppo la norma non sempre viene applicata e queste sostanze servono per mascherare i processi di alterazione, per migliorare l'aspetto oppure per aumentare in modo artificioso il peso. Gli esempi non mancano, basta citare il monossido di carbonio usato per migliorare il colore del tonno e i polifosfati aggiunti per incrementare la quantità di acqua trattenuta e aumentare il peso dei filetti. Le tecniche sono diverse: spesso si inietta  una soluzione contenente l'additivo, oppure si lascia il pesce in ammollo in acqua in modo che il principio attivo venga assorbito.

Il pesce fresco "trattato" con additivi leciti deve essere classificato come prodotto alimentare “trasformato”, e non si può scrivere sull'etichetta la parola “fresco”. Ci sono poi  altre questioni collegate alle scritte in etichetta come:  la possibile frode commerciale dovuta alla vendita di acqua al posto del pesce, l’utilizzo di sostanze che non sono registrate come additivi come l’acqua ossigenata e il rischio di non indicare gli allergeni per le persone sensibili.

Secondo una classifica delle furberie redatta tempo fa Eurofishmarket i problemi più diffusi sono:
1) presenza di additivi consentiti non dichiarati;
2) eccesivo dosaggio degli additivi consentiti;
3) utilizzo di certe sostanze per alterare la percezione di freschezza;
4)  incremento dell'assorbimento di liquidi per aumentare il peso (dando luogo a una vera frode commerciale);
5) mancata indicazione in etichette della presenza di additivi.

In particolare, i polifosfati si usano per impedire al pesce di perdere l’acqua. Si tratta di un rallentamento del processo naturale che permette di mantenere più a lungo un aspetto “fresco”. Il trattamento è permesso dalla legge ma va indicato sull'etichetta. Per i polifosfati è prevista una dose massima di 5 g/kg per i filetti, negli altri casi la norma stabilisce solo la frase “quanto basta”. Nonostante ciò pochi  indicano sulle etichette la presenza di polifosfati.

Se per i polifosfati non esiste la certezza matematica che siano stati iniettati, perché degradano in fretta, la presenza di citrati è invece un indice che non lascia spazio a dubbi. I citrati sono utilizzati per prolungare la conservazione del pesce, proteggere  dall’ossidazione e ridurre  l'irrancidimento dei grassi e le modifiche di colore. Il citrato non è tossico (è l'acido più presente negli agrumi) e non ci sono limiti ma si ritiene che la dose giornaliera accettabile sia 20mg/kg.

L’uso di acqua ossigenata nei prodotti ittici è vietato, ma viene utilizzata spesso, tanto da aver provocato la pubblicazione di una circolare del ministero della Salute dove si ribadisce il “divieto di utilizzo di perossido di idrogeno a contatto con il pesce destinato al consumo alimentare ”. L'acqua ossigenata viene usata in modo illecito perché rende più bianche le carni di: seppie, calamari e totani dando una tonalità molto apprezzata dai consumatori.

L'aspetto critico è che queste sostanze il più delle volte non sono utilizzati per uno scopo tecnologico, ma per mascherare il reale stato di freschezza, variando la colorazione, l’aspetto o aumentando il peso.

Sia chiaro, gli additivi non vanno demonizzati quando sono usati nei modi previsti dalla legge. I consumatori però hanno il diritto di saperlo e le etichette devono essere corrette. Purtroppo le violazioni più frequenti sono realizzate per ragioni estetiche, che non sempre coincidono con il valore nutrizionale e la salubrità di ciò che mettiamo nel piatto.  
Mariateresa Truncellito

Nessun commento:

Posta un commento