domenica 28 dicembre 2014

Salmonella in pollo congelato dalla Francia e norovirus in mitili spagnoli… Ritirati dal mercato europeo 79 prodotti

salmonella in pollo congelato surgelato
Allerta per Salmonella in pollo congelato, pronto da cuocere, dalla Francia
Nella settimana n°47 del 2014 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi sono state 79 (14 quelle inviate dal Ministero della salute italiano).

L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: Salmonella Hadar in pollo congelato, pronto da cuocere, dalla Francia; norovirus (presenza del genoma virale) in mitili precotti e congelati provenienti dalla Spagna.

Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: caratteristiche organolettiche non idonee (cattivo odore) di snack in barrette dolci biologiche infestate da muffe dalla Bulgaria (si tratta delle Roo’bar ai gisti Chia & Coconut e Cacao Nibs); migrazione di cromo, manganese e globale troppo elevata, da articoli per il forno antiaderenti dalla Cina; Salmonella spp. in mitili vivi dalla Spagna; Listeria monocytogenes in tre lotti di salmone affumicato dalla Polonia.

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Allerta per norovirus (presenza del genoma virale) in mitili precotti e congelati provenienti dalla Spagna
Tra i lotti respinti alle frontiere l’Italia segnala: migrazione di cromo da grattugie in acciaio cinesi; aflatossine in fichi secchi dalla Turchia; due lotti di datteri dalla Tunisia infestati da insetti; aflatossine in arachidi sgusciate dall’Egitto; solfiti non dichiarati in uvetta dalla Turchia; aflatossine in arachidi in guscio dall’Egitto.

Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Slovenia segnala presenza di DNA di ruminanti in farina di pesce destinata a mangime.

Valeria Nardi

sabato 27 dicembre 2014

Ristoranti senza cuoco che servono piatti pronti. Pizzerie senza forno che usano pizze surgelate. Pesce di allevamento pagato come se fosse pescato in mare, ma il consumatore non lo sa!

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A Venezia e in altre città ci sono ristoranti senza cuoco che servono pasta, lasagne e pietanze di carne e di pesce comprati all’ipermercato.
A Venezia e in altre città ci sono ristoranti senza cuoco che servono ai clienti pasta, lasagne e pietanze di carne e di pesce comprati nel reparto surgelati all’ipermercato. Quando arriva in  cucina il cibo viene riscaldato e poi con un’abile maquillage a base di salse e altri ingredienti  finisce nel piatto dei clienti. Per le minestre e le zuppe si preferiscono i barattoli da 5 kg.  In questi casi si travasa qualche mestolo nella pentola per riscaldare e poi si aggiungono olio e spezie. Ci sono anche finte “pizzerie” senza forno a legna dove si usano solo pizze surgelate riscaldate nel microonde. La stessa cosa avviene in alcuni “bar tavola calda” di Milano durante l’intervallo del pranzo. Il cliente è informato?

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Ci sono anche finte “pizzerie” senza forno a legna dove si usano solo pizze surgelate riscaldate nel microonde
Premesso che tutti questi modi di fare il ristoratore sono lecitie anche la scelta dei prodotti da servire ai clienti è una scelta autonoma, l’unico problema è il modo di fare sapere al cliente in modo chiaro che in cucina si usano piatti pronti precotti e o surgelati o che il pizzaiolo non esiste. In Francia per cercare di risolvere il problema ed eliminare la confusione generata da questi nuovi ristoranti, una proposta di legge vuole differenziare i locali che usano piatti precotti surgelati e/o precucinati, da quelli dove in cucina c’è un vero cuoco.

Un altro elemento di scarsa trasparenza si riscontra in molti locali dove si serve pesce. Se anni fa si discuteva sull’opportunità di indicare sul menù il pesce surgelato, adesso si dovrebbe dire in modo chiaro se il pesce fresco è catturato in mare oppure è di allevamento.  Pochi locali lo evidenziano anche se si tratta di un aspetto molto importante. Il pesce allevato in Grecia dove branzini e orate, grazie a diete supercaloriche crescono molto in fretta a discapito del gusto si paga 6-7 €/kg. I branzini e le orate di filiera allevati in Italia seguono schemi diversi per cui impiegano molto più tempo a raggiungere il peso forma e costano il doppio. La terza possibilità è mangiare un branzino o un’orata al cartoccio pescata in mare, che probabilmente ha un gusto migliore ma costa il triplo o il quadruplo (*) 

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Leggendo il menu il cliente dovrebbe capire subito se in cucina non c’è il cuoco
Leggendo il menu il cliente dovrebbe capire subito se in cucina non c’è il cuoco, se la pizza è surgelata e che tipo di pesce si prepara tra i fornelli.  Purtroppo non è così. Le rare volte che compaiono queste indicazioni sono proposte con  caratteri tipografici microscopici quasi invisibili.  Il vero elemento in comune tra vecchi e nuovi ristoratori è il conto da pagare, visto che i prezzi  sono simili . Forse le associazioni di categoria e il legislatore dovrebbero intervenire per chiarire la situazione.

(*) Branzini e orate di filiera  controllata italiana per arrivare alla pezzatura di  450/550 g impiegano qualche mese in più rispetto agli allevamenti greci e turchi. Questo comporta maggior costi ma  il risultato finale è diverso, perché  il contenuto di grasso e il sapore di questi pesci  allevati risulta più simile al pesce catturato in mare. Il prezzo, però, lievita: se il branzino di allevamento greco di taglia standard costa 7-8 €/ kg, quello di filiera cresciuto in modo controllato oscilla tra 10 e 14 €/ kg, mentre il selvatico, quando lo si trova, si attesta sui 20-25 €/kg.
Roberto La Pira

Rucola con Salmonella e pesto italiano infestato da muffe… Ritirati dal mercato europeo 72 prodotti

Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: eccesso di Escherichia coli in vongole (Ruditapes decussatus) dalla Tunisia; Listeria monocytogenes in due lotti di salmone affumicato dalla Polonia; Escherichia coli in mitili refrigerati (Mitilus spp) dalla Spagna; Escherichia coli in vongole refrigerate dall’Italia.

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I Paesi Bassi segnalano pesto italiano infestato da muffe
Tra i lotti respinti alle frontiere l’Italia segnala: residui di pesticida (tiofanato metile) in fragole provenienti dall’Egitto; migrazione di nichel e di manganese da grill a gas provenienti dalla Cina; insetti morti in datteri dalla Tunisia; residui di pesticida (profenofos) in peperoni in salamoia da Egitto; enteropatogeno (Escherichia coli) in carni di manzo disossate congelate dal Brasile; aflatossine in fichi secchi turchi; residui di pesticida (carbendazim) in riso dall’India.

Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Norvegia segnala rucola con Salmonella Kottbus (via Danimarca), e i Paesi Bassi segnalano pesto infestato da muffe.

Valeria Nardi

lunedì 22 dicembre 2014

Antitrust, 500mila euro di multa a TripAdvisor: recensioni poco trasparenti


Secondo l'Autorità viene "enfatizzato il carattere autentico e genuino dei giudizi". I consumatori sono così tratti in inganno: credono che le informazioni siano sempre espressione di reali esperienze turistiche. Tre mesi di tempo per adeguarsi

MILANO - Stangata dell'Antitrust ai danni di TripAdvisor (il titolo al Nasdaq), il celebre portale che raccoglie le recensioni degli utenti su alberghi, ristoranti e attività turistiche. Secondo l'Autorità è reo di pratica commerciale scorretta in relazione alle sue recensioni: dovrà pagare 500mila euro perché, nel pubblicizzare la propria attività, "enfatizza il carattere autentico e genuino delle recensioni, inducendo così i consumatori a ritenere che le informazioni siano sempre attendibili, espressione di reali esperienze turistiche".

L'indagine dell'Antitrust parte da una segnalazione dell'Unione Nazionale Consumatori, di Federalberghi e di alcuni consumatori: l'Autorità guidata da Giovanni Pitruzzella ha accertato la scorrettezza della pratica commerciale realizzata, a partire da settembre 2011 e tuttora in corso, da parte della controllante statunitensei (TripAdvisor LLC) e da TripAdvisor Italy.

"Con questo provvedimento - si legge nella nota - l'Antitrust ha vietato la diffusione e la continuazione di una pratica commerciale consistente nella diffusione di informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni, pubblicate sulla banca dati telematica degli operatori, adottando strumenti e procedure di controllo inadeguati a contrastare il fenomeno delle false recensioni".

A giudizio dell'Autorità, le condotte contestate violano alcuni articoli del Codice del Consumo, "risultando idonee a indurre in errore una vasta platea di consumatori in ordine alla natura e alle caratteristiche principali del prodotto e ad alterarne il comportamento economico".

L'intervento dell'Antitrust punta a evitare che i consumatori facciano le proprie scelte  economiche, in ordine ai servizi resi dalle strutture turistiche ricercate sul sito, basandosi anche su informazioni pubblicitarie non rispondenti al vero. Entro 90 giorni le due società dovranno comunicare le iniziative assunte per ottemperare al divieto di ulteriore diffusione e continuazione della pratica commerciale scorretta. La sanzione amministrativa dovrà essere pagata entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento
http://www.repubblica.it/economia/2014/12/22/news/antitrust_multa_tripadvisor_recensioni-103520222/

mercoledì 10 dicembre 2014

Rifiuti animali infetti trasformati in mangimi Nell'Isola la base dell'organizzazione: 4 arresti


L'indagine che ha portato agli arresti è stata coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Cagliari.
Stoccavano rifiuti di origine animale, anche quelli che andavano distrutti, e li trasformavano in farine e oli che venivano utilizzati come mangimi e potenzialmente potevano diffondere piaghe come la peste suina o il morbo della lingua blu. Gli agenti del Nucleo investigativo del Corpo forestale e vigilanza ambientale della Sardegna hanno assestato un duro colpo al traffico illegale di rifiuti. Quattro persone sono state arrestate e per altre quattro è scattato l'obbligo di dimora nel Comune di residenza. In manette per associazione a delinquere finalizzata al traffico illegale dei rifiuti, diffusione di malattie delle piante o degli animali sono finiti l'amministratore e i soci della ditta Lem, con sedi in Lazio, Campania e Sardegna, specializzata nel trasporto e nella gestione di sottoprodotti di origine animale e alla trasformazione in farine e olii: Antonio Mangia, di 33 anni amministratore unico della società, Mario Mangia, di 38, addetto all'impianto di Frosinone, Pietro Mangia, di 44 anni, addetto all'impianto di Caivano, e Tommaso Gatta, di 42, direttore tecnico dell'impianto di Thiesi. Obbligo di dimora per i quattro autotrasportatori sardi che lavoravano per l'azienda. Nove complessivamente le persone indagate nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Cagliari.
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sabato 8 novembre 2014

Pesce scaduto da anni pronto per la vendita:maxi sequestro a Bergamo


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Pesce scaduto da anni pronto per essere venduto. Circa 30 tonnellate di prodotti ittici non a norma sono stati sequestrati in un magazzino di stoccaggio surgelati in provincia di Bergamo dagli uomini del nucleo ispettivo della Guardia Costiera di Venezia.
In collaborazione con il personale veterinario della Asl bergamasca, la Guardia Costiera ha sequestrato 4 tonnellate di prodotto scadute da anni, già stoccate e pronte alla commercializzazione, 3 tonnellate di tonno indopacifico, etichettato come tonno obeso, qualità presente nel mediterraneo e molto più appetibile, e 17 tonnellate di prodotti etichettati con denominazioni non previste dalla attuale legislazione. Un commerciante è stato denunciato per l'ipotesi di frode in commercio.

venerdì 7 novembre 2014

Frodi alimentari, la Coldiretti: “Paura nel piatto per il 65% degli italiani”

La coldiretti Toscana
Il 65% degli italiani ha paura a tavola perché ritiene che la crisi abbia fatto aumentare i rischi alimentari mentre ben il 2 per cento dichiara di esserne stato vittima. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe’ divulgata in occasione della conferenza internazionale sulle frodi alimentari proprio nel giorno in cui la Guardia di Finanza di Montepulciano nell’ambito dell’operazione “Orrore in tavola” ha sequestrato tonnellate di prodotti alimentari scaduti da mesi, e in alcuni casi da anni, stipati in magazzino e pronti per essere rietichettati e venduti.
A preoccupare sono le frodi di quanti trovano nel settore alimentare una importante occasione di business. L’agricoltura e l’alimentare sono infatti considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la vita quotidiana della persone in termini economici e salutistici.
“Quello per cui ci battiamo è la tutela del consumatore e del produttore agricolo – ha detto Fausto Ligas presidente di Coldiretti Siena – Abbiamo dalla nostra parte delle forze dell’ordine che riescono a tutelarci facendo controlli sistematici e bloccando, prima che entrassero in commercio, prodotti scaduti come è successo a Montepulciano. Questa operazione da una parte ci preoccupa, dall’altra ci rasserena sapere che c’è una vigilanza strettissima sulla filiera alimentare
Sembra un ritornello noioso quello sui prodotti di qualità e a filiera corta , ma ogni volta che escono notizie di frodi alimentari, la voce di Coldiretti è quella che da sempre cerca di far capire ai consumatori quanto sia importante sapere cosa si mangia.
“A questo proposito abbiamo vinto la battaglia per l’aumento della percentuale di quantità minima di succo nelle bibite a base di arancia che passa finalmente dal 12 al 20 per cento – ha ricordato Francesco Sossi direttore di Coldiretti Siena – mentre adesso ci stiamo battendo per il cattivo uso che si potrebbe fare del termine “prosciutto cotto” con un nuovo decreto ministeriale che rivede la normativa sulla preparazione dei salumi, introducendo una serie di novità che ci mettono in allarme. Il prosciutto cotto è fatto con la coscia del maiale, qualsiasi altro tipo di carne usata per confezionarlo, non è prosciutto. Chiamare “prosciutto” un alimento confezionato con carne di tacchino o di cavallo, crea una confusione enorme nel consumatore. La denominazione di un prodotto, così come l’etichettatura, sono fondamentali per prevenire le frodi alimentari e tutelare i consumatori”.
Infine la Piazza alimento distintivo del made in Italy conosciuto in tutto il mondo .
“La pizza è fatta con ingredienti semplici e italiani: farina di grano, pomodoro, mozzarella, basilico, olio extravergine di oliva. La vera pizza valorizza prodotti del territorio e per questo anche a Siena chiediamo ai pizzaioli di unirsi a noi per portare nei piatti l’Italia, quella vera – ha detto Francesco Sossi direttore di Coldiretti Siena – per questo abbiamo deciso come Coldiretti, insieme alla Fondazione UniVerde e all’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, di avviare una raccolta di firme a sostegno del riconoscimento dell’ “Arte della Pizza” come patrimonio culturale e materiale dell’umanità da parte dell’UNESCO. Invitiamo quindi tutti i consumatori che vogliono sostenere questo percorso firmando la petizione, anche in previsione dell’EXPO 2015, di rivolgersi presso i nostri uffici o presso i Mercati di Campagna Amica dislocati sul territorio.”

Fonte: Coldiretti Siena- Ufficio Stampa

martedì 23 settembre 2014

Veronesi: “Noi vegetariani viviamo meglio e di più”


Gli studi lo dimostrano: i vegetariani vivono di più. Intervista al direttore scientifico dello IEO
 
Rubrica Scienza & Salute
Margherita Hack diceva di essere vegetariana fin dalla nascita perché lo era la sua famiglia, e di non aver alcun merito in questa scelta. Ma diceva anche di essere la prova vivente che si possa crescere senza le proteine animali. E il padre, per propaganda, andava in giro dicendo di «non mangiare la carne, perché era come mangiare cadaveri». «E in effetti aveva ragione – affermò l’astrofisica durante un’intervista a FuoriTG –, sono cadaveri!». Che sia per motivi etici, ambientali o di salute in Italia circa sette milioni di persone hanno deciso di dire no a qualsiasi tipo di carne, e anche prodotti animali in alcuni casi. Sulla motivazioni etiche niente da dire, sono scelte personali. Ma su quelle scientifiche sì.
Da tempo alcuni scienziati sostengono che seguire una dieta povera di carne abbia effetti positivi sulla salute, in particolare prevenga tumori e malattie cardiovascolari. Ma il dibattito resta aperto. Di recente uno studio condotto nel Regno Unito su 45mila persone – studio EPIC-Oxford – ha dimostrato che il 34% dei partecipanti – vegani o vegetariani, comunque con una dieta priva di carne – avevano un terzo delle possibilità in meno di ammalarsi di patologie cardiache. Il cuore di chi non mangia carne sembra essere più sano, a causa dei ridotti livelli di colesterolo e pressione arteriosa, due fattori di rischio molto importanti per questo tipo di malattie. Non si trovava d’accordo però Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Inran), che in precedenza aveva dichiarato aLinkiesta il suo scetticismo nei confronti della ricerca di Oxford: «Meglio seguire una dieta vegetariana con piccola aggiunte di prodotti animali, ovvero la dieta mediterranea» aveva affermato Ghiselli. Lo studio in ogni caso non aveva mostrato nessuna correlazione tra un regime alimentare privo di carne e mortalità per tutte le cause, ma solo per malattie cardiovascolari.
A sostegno della teoria che essere vegetariani allunghi la vita,un altro studio, questa volta americano condotto su circa 70mila persone e pubblicato su Jama internal medicine, aveva mostrato come i vegetariani aderenti allo studio, avessero una mortalità per tutte le cause inferiore del 12% rispetto ai non vegetariani. Con risultati simili anche per vegani e semi vegetariani (meno 15 e 8% rispettivamente). C’è da sottolineare però che in generale i vegetariani sono più attenti alla salute e hanno uno stile di vita più sano – con consumi minori di alcol, fumo e maggior attività fisica – rispetto ai non vegetariani. Dato da non sottovalutare e che sicuramente incide sulla qualità della vita e la salute.
La dieta vegetariana è dunque il segreto per la lunga vita? Questa volta ne abbiamo parlato con un vegetariano convinto, Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo).
Professore, cosa pensa di questa ricerca, basta per dimostrare l’effetto positivo che la dieta vegetariana ha sulla salute o servono altre prove?
Ci sono già molti studi che dimostrano i benefici della dieta vegetariana e lo studio di Jama è un’ulteriore conferma di ciò che già sappiamo da tempo e che si può riassumere in una semplice frase: chi mangia poco e vegetariano vive più a lungo e in salute.
Perché è meglio rinunciare alla carne?
La carne, soprattutto se rossa, stimola la proliferazione delle cellule malate in alcuni tumori e aumenta il rischio generale di malattia cardiovascolare e tumorale. Consumare carne, inoltre, aumenta la presenza di sostanze inquinanti nel nostro corpo. Dall’atmosfera molti agenti pericolosi ricadono sul terreno e vengono poi ingeriti dal bestiame – sotto forma di foraggio o mangime – per poi essere accumulati nei depositi di grasso degli animali. Da lì poi, finiscono direttamente nel nostro piatto. Questo per quanto riguarda la salute dell’uomo. Rinunciare alla carne è tuttavia anche una scelta etica e legata alla sostenibilità ambientale.
Meglio dieta vegana o vegetariana? Perché?
Vanno bene entrambe. Forse la dieta vegetariana è più facile da seguire perché offre una maggiore varietà di sostanze per preparare piatti gustosi.
Quando e perché ha scelto di essere vegetariano? Hanno influito i suoi studi o è una scelta che arriva da prima e per motivi ancora diversi?
Ho scelto di essere vegetariano per motivi etici appena sono stato in grado di decidere con coscienza circa la mia alimentazione. Io amo gli animali, sono cresciuto in campagna in mezzo a loro, scoprendo che i mammiferi hanno sentimenti e atteggiamenti analoghi ai nostri. Quindi non li mangio per lo stesso motivo per cui nessuno mangerebbe il suo cane o il suo gatto. Poi sulla mia scelta ha influito la consapevolezza della situazione socio-ambientale globale. Oggi viviamo il paradosso di un mondo in cui un miliardo circa di persone muore di fame nei Paesi in via di sviluppo e un miliardo si ammala e muore per l’eccesso di cibo nei Paesi occidentali. Questo squilibrio potrebbe essere progressivamente eliminato se in Occidente si mangiasse meno carne. In realtà il pianeta disporrebbe delle risorse per fornire cibo a tutti i suoi abitanti, se – oltre ai 7 miliardi di esseri umani – non si dovessero sfamare circa 4 miliardi di animali di allevamento, che sottraggono risorse vitali (molta acqua oltre che cereali) per nutrire con carne una minoranza di persone già iperalimentate. Non è necessario effettuare studi in medicina per rendersi conto di questa profonda ingiustizia.
È un caso che molti scienziati siano vegetariani o comunque attenti all’alimentazione e vivano a lungo (per esempio Margherita Hack morta a 91 anni)? Il segreto della longevità è davvero la dieta?
Non è un caso, perché gli uomini di scienza sono portati a osservare e soprattutto a riflettere, porsi dei dubbi e pensare al domani. Tant’è che Einstein anticipò che diventare vegetariani nel futuro sarebbe diventata una necessità. Non c’è un unico segreto della longevità, ma tanti collegati fra loro. Curare l’alimentazione è uno di questi e un altro, fondamentale, è curare la mente. La scienza ha scoperto che il cervello è un organo plastico, che si rinnova e si evolve continuamente se opportunamente stimolato. La vera età è l’età della nostra mente.
Ci sono studi in corso anche allo Ieo per verificare l’effetto della dieta vegetariana sulla salute? Lei la consiglia nel suo ospedale?
Allo Ieo, nell’ambito del progetto COSMOS per la diagnosi precoce del tumore del polmone rivolto ai forti fumatori, abbiamo scoperto che tra i fumatori chi mangia carne ha un rischio maggiore di ammalarsi di cancro polmonare rispetto ai vegetariani. Nell’ospedale son presenti tutte le diete, anche quella vegetariana.
Com’è cambiata la nostra alimentazione negli anni? Crede che alcune patologie ora più frequenti siano dovute anche al diverso modo di mangiare, o semplicemente sono dovute al fatto che viviamo più a lungo e si manifestano in relazione all’età?
Non c’è dubbio che molte malattie siano legate all’alimentazione, in particolare alla sovralimentazione e al consumo eccessivo di carne. È certo anche che l’età avanzata è comunque il fattore di rischio più importante per molte patologie, come il cancro. Tuttavia ci sono prove che un’alimentazione corretta aiuti a ridurre il tasso di mortalità e dunque allunga la vita. Cito sempre a questo proposito l’esempio di Okinawa in Giappone, l’area geografica più longeva al mondo, che segue due regole: la prima è ishokudoghen (il cibo è una medicina) che li conduce a seguire una dieta scarsa in calorie, a base di frutta, verdura, soia, pesce e alga knobu; la seconda èYumaru e indica il senso di appartenenza degli anziani alla società attiva.
Alcuni studi suggeriscono che l’uomo si sia evoluto anche grazie a un’alimentazione carnivora, cosa pensa a proposito? Fare a meno della carne non crea proprio nessun problema? Non è più indicato mangiare poco ma di tutto secondo la dieta mediterranea?
Penso che l’animale a noi più vicino, lo scimpanzé, è vegetariano e l’animale più potente, il toro, è vegetariano. Dunque penso che l’uomo possa tranquillamente fare a meno della carne. Sul mangiare poco mi trova d’accordo, ovviamente, ma sul “di tutto” no. Ricordo che i capisaldi della dieta mediterranea sono comunque pasta, olio d’oliva , pomodori e pesce.
http://www.linkiesta.it/vegetariani-vegani

mercoledì 17 settembre 2014

“In Italia non si usano anabolizzanti per l’allevamento dei bovini”! L’ennesima favola del Ministero della salute che nega l’evidenza dei fatti


piano nazionale residui
Secondo il rapporto del Ministero della salute la quasi totalità delle analisi condotte l’anno scorso sui bovini sono conformi
Secondo il rapporto pubblicato il 2 settembre 2014 dal Ministero della salute, la quasi totalità delle analisi condotte l’anno scorso sui bovini risultano conformi. Su un totale di 38.250 campioni esaminati all’interno del Piano nazionale residui (PNR) solo 46 hanno evidenziato irregolarità (*).
Dopo avere letto il documento il lettore avverte un certo sollievo nel sapere che negli allevamenti tutto funziona in modo quasi perfetto. Io personalmente mi sono sentito preso in giro, perché “le sostanze e i residui che potrebbero costituire un pericolo per la salute pubblica, come le sostanze a effetto anabolizzante e quelle non autorizzate…” di cui si parla il documento, forse non ci sono nelle carni macellate, ma vengono regolarmente utilizzate in centinaia di allevamenti.

I controlli realizzati seguendo le metodiche ufficiali sono oramai da considerarsi inutili, perché non permettono di identificare la frode, tanto che  la ricerca delle sostanze vietate nella quasi totalità fornisce esito negativi. Le autorità sanitarie utilizzano infatti metodiche costose del tutto superate, che non consentono di evidenziare l’eventuale somministrazione fraudolenta di anabolizzanti, ormoni e altri medicinali classificati come tossici e cancerogeni, utilizzati per incrementare del 10-15% la massa muscolare degli animali. Negli allevamenti vengono somministrati agli animali micro dosi di diversi medicinali vietati, che sono metabolizzati in poco tempo. In questo modo la presenza nel sangue si riduce in tempi brevi e le analisi  evidenziano l’impiego fraudolento solo a distanza di pochissimi giorni dal trattamento (di solito la somministrazione viene effettuata il venerdì sera quando si è sicuri che per due giorni non ci saranno controlli).

Dal 2008 in Italia esiste un piano di monitoraggio realizzato valutando attraverso l’analisi istologica della ghiandola del timo degli animali macellati i cambiamenti indotti dalle sostanze utilizzate a scopo anabolizzante. Il test non è tuttavia riconosciuto come metodo ufficiale. La legislazione europea prevede che i metodi debbano identificare la molecola e i quantitativi, mentre il metodo istologico è un metodo qualitativo e permette di vedere le lesioni causate dal trattamento illegale realizzato con cortisonici, steroidi sessuali, tireostatici. Il vantaggio del metodo istologico è che costa pochissimo ed evidenzia le lesioni nei tessuti anche molto tempo dopo il trattamento fraudolento. In questi anni diversi studi hannoriscontrato fino al 15%  di  positività tra i capi macellati. Si tratta di dati preoccupanti che l’intero settore delle carni cerca di ignorare a dispetto della serietà dei laboratori che hanno condotto le ricerche. Oltre a questi elementi basati sull’analisi istologica c’è un’altra novità da sottolineare.

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Anabolizzanti nella carne: un nuovo esame permette di valutare la scomparsa di alcune proteine e quindi il trattamento illecito
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta, nell’ambito di un progetto finanziato dal Ministero della salute, assieme al CIBA (Centro di Referenza Nazionale per le Indagini Biologiche sugli Anabolizzanti Animali) e al laboratorio di Genetica ed Immunobiochimica, hanno realizzato uno studio sulle proteine nel sangue per identificare quelle presenti solo quando i corticosteroidi sono usati come anabolizzanti. In questo modo basterebbero dei semplici prelievi per scoprire la pratica illecita. I ricercatori hanno analizzato 23 animali, 10 trattati sperimentalmente con desametasone a scopo anabolizzante, 10 trattati con lo stesso farmaco a scopo terapeutico e 3 non trattati. Sugli animali sono stati eseguiti diversi prelievi di sangue nel corso del trattamento. I campioni sono stati analizzati attraverso l’elettroforesi bidimensionale: un procedimento che permette di isolare e “vedere” le proteine presenti nel campione. Le ricerche vengono svolte in sinergia tra gruppi di ricerca diversi allo scopo di migliorare le tecniche di analisi

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L’introduzione della nuova analisi permetterebbe di risparmiare decine di migliaia di euro destinate a test molto costosi ma inutili
Questa analisi ha permesso di ottenere mappe proteiche il cui confronto ha evidenziato la scomparsa di una proteina al termine del trattamento anabolizzante, che invece continua ad esistere negli animali trattati a scopo terapeutico e in quelli del gruppo di controllo. L’applicazione di questo esame molto rapido – se convalidato – potrà essere utilizzato su un numero elevato di animali per individuare quelli che hanno subito un trattamento primadell’invio al macello.

Aspettiamo con fiducia che queste metodiche vengano al più presto validate ufficialmente, solo così si potrà effettuare un monitoraggio serio sullo stato di salute dei nostri animali da reddito. L’introduzione della nuova analisi permetterà di risparmiare decine di migliaia di euro destinate a test molto costosi ma inutili, il cui unico scopo è supportare report come quello diffuso ieri dal Ministero dove si racconta una realtà simile alla favola di Biancaneve.

(*) Più precisamente 13.850 analisi hanno riguardato la ricerca di residui di sostanze ad effetto anabolizzante e sostanze non autorizzate negli animali, mentre 24.400 hanno riguardato la ricerca di residui di medicinali veterinari e agenti contaminanti nei prodotti di origine animale, come miele, latte, uova.

Roberto La Pira
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domenica 31 agosto 2014

Procura Torino indaga su 123 casi di Sla tra agricoltori Diagnosticati nel 2011. Ipotesi il contatto con i pesticidi



TORINO - Gli agricoltori si ammalano di sclerosi laterale amiotrofica come e più dei calciatori a causa del contatto continuo con i pesticidi. Al momento è un'ipotesi sulla quale sta lavorando la Procura di Torino, la stessa che ha in esame i casi di Sla tra i calciatori. Un'ipotesi che spiegherebbe il meccanismo per cui l'incidenza della terribile malattia, che annulla tutti i movimenti muscolari compresi quelli della parola e della respirazione fino a portare inesorabilmente alla morte, sia così alta tra coloro che sono a contatto l'erba dei campi di calcio.

Per il momento ci sono due certezze. La prima, che risale all'inizio dello scorso decennio, è che la Sla colpisce i calciatori 24 volte di più rispetto alle altre persone. I casi mortali accertati tra ex professionisti o dilettanti di lungo corso sono circa 50. La seconda, che invece è emersa negli ultimi giorni, è che nel solo Piemonte, nel 2011, sono stati censiti 123 agricoltori che sono stati dimessi dagli ospedali con la diagnosi della terribile patologia. Se confermata dal prossimo ampliamento - temporale e spaziale - dello studio, l'incidenza sarebbe quindi addirittura superiore a quella riscontrata tra i calciatori.

Secondo il pubblico ministero torinese Raffaele Guariniello, che oggi come allora coordina le indagini in un fascicolo di atti relativi (quindi al momento senza ipotesi di reato né indagati), la correlazione tra le due professioni sarebbero i pesticidi usati nei campi agricoli e in quelli sportivi per salvaguardare le colture e i tappeti verdi. Secondo i consulenti del magistrato, si tratta di andare più a fondo nello studio, per esempio cercando di capire in quale settore dell'agricoltura abbiano operato coloro che si sono ammalati e, tra le altre categorie di persone che hanno contratto la patologia, se vi siano persone che abbiano fatto i contadini in passato. Poi si tratterà di capire quali siano i prodotti che vengono utilizzati nei settori agricoli dove si registrerà la maggiore incidenza, sempre che ne emergano.

Tra gli ex calciatori rimasti vittime della Sla vi sono l'ex capitano del Genoa, Gianluca Signorini, scomparso nel 2002 all'età di 42 anni, l'ex capitano dell'Avellino, Adriano Lombardi, morto nel 2007 a 62 anni, e l'ex commissario tecnico della nazionale Fulvio Bernardini, morto nel 1984 a 79 anni. Tra coloro che stanno combattendo contro il morbo c'é Stefano Borgonovo, ex attaccante di Como, Milan e Fiorentina, che ha 46 anni.
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L’olio di canapa e i suoi incredibili benefici

olio di canapa
Quando pensiamo alla canapa, pensiamo all’industria tessile, che dalla canapa ricava vestiti e borse oltre alla celebre cannabis. Quest’ultima deriva da specie di canapa con alto contenuto di THC (tetraidrocannabinolo), la sostanza psicoattiva che è il principio attivo della cannabis.
Tuttavia esistono molte altre specie di canapa con un contenuto di THC molto ridotto, che permettono di usufruire dei superpoteri di questa pianta anche a livello alimentare.
Sì, perchè i semi di canapa sono un superfood! Contengono:
  • grandi quantità di proteine nobili (ossia raccolgono tutti gli amminoacidi essenziali al corretto funzionamento del corpo umano)
  • numerose vitamine, tra cui A, E, B1, B2, PP, C..
  • sali minerali come ferro, calcio, magnesio, potassio, fosforo
La maggior parte dei grassi è costituito da omega3 ed omega6 e sono presenti anche la lecitina, che aiuta il metabolismo dei grassi e numerosi fito nutrienti.
Le indicazioni sono tante, esiste una fitta documentazione, ed è incredibile constatare quanto poco se ne parli: psoriasi, eczema, artrite reumatoide, osteoporosi, menopausa, sindrome premestruale, diabete, depressione, deficit della memoria e dell’apprendimento, patologie dell’apparato respiratorio, malattie degenerative del sistema immunitario.
L’olio di semi di Canapa è un alimento dalle straordinarie proprietà nutrizionali, nonché un eccellente olio a tavola.
I semi di canapa hanno un gradevole sapore di nocciola. Sono protetti da un guscio esterno naturale, tra l’altro ben digeribile, che conserva efficacemente gli oli e le vitamine.
Come per tutti i semi oleosi svariate sono le possibilità di utilizzo in cucina.
Sono ottimi tostati, da soli o insieme ad altri semi, è da utilizzare per insaporire insalate, verdure, primi piatti, interi o schiacciati come si fa col pepe in grani.
Germogliati possono insaporire insalate o trovare impiego nella preparazione di hamburger e polpette vegetali: in commercio è possibile trovare l’Hempeh, un hamburger vegetariano preparato come si fa con il tempeh.
Coi semi di canapa si può anche produrre un ottimo latte vegetale.
Oppure si possono frullare, sempre da soli o con altri semi, in modo da ottenere un composto pastoso dal sapore delicato, che ricorda il burro, da spalmare o da utilizzare come condimento su bruschette o per insaporire i vostri piatti.