Ma c’è un piccolo problema, contengono grassi non digeribili (simili a quelli di alcuni prodotti dimagranti), che possono causare disturbi gastrointestinali acuti, spiacevoli e potenzialmente pericolosi, soprattutto nelle donne in gravidanza o in chi soffre di disturbi all’apparato digestivo. Tali effetti sono stati segnalati già nel 2004 e pubblicati nella valutazione scientifica pronunciata da un panel di esperti dell’Efsa.
La questione interessa pesci della famiglia dei Gempilidi, come il Lepidocybium flavobrunneum, da noi chiamato escolar e venduto talvolta come “tonno bianco”, e il Ruvettus pretiosus, in italiano ruvetto, rovetto chiamato “pesce raspa” in alcune regioni.
«In Italia si è deciso di ammetterne il commercio – osserva Valentina Tepedino veterinaria e direttore della rivista Eurofishmarket- proprio perché si tratta di un prodotto apprezzato dal mercato per le sue carni bianche e saporite». Resta però l’obbligo segnalare che il pesce può avere effetti lassativi e di suggerirne un consumo non eccessivo, un po’ come avviene con alcuni dolcificanti a base di polialcoli.
Secondo il Regolamento CE n. 2074/2005 recante modifica ai Reg CE n. 853/2004 e n. 854/2004), «i prodotti della pesca freschi, preparati e trasformati appartenenti alla famiglia Gempylidae, in particolareRuvettus pretiosus e Lepidocybium flavobrunneum, possono essere immessi sul mercato soltanto in forma di prodotti confezionati o imballati e devono essere opportunamente etichettati al fine di informare iconsumatori sulle modalità di preparazione o cottura e sul rischio connesso alla presenza di sostanze con effetti gastrointestinali avversi. Sull’etichetta il nome scientifico deve figurare accanto a quello comune».
«Al momento è quasi impossibile trovare ricerche scientifiche su queste sostanze dotate di effetti lassativi presenti nelle due specie ittiche», prosegue Tepedino; «ed è anche difficile avere chiare indicazioni sulla migliore modalità di cottura». Possiamo ipotizzare che una cottura che elimini almeno parte del grasso, come quella alla griglia, sia la soluzione migliore e che il consumo a crudo sia da evitare o quanto meno da limitare.
C’è però un altro problema: le avvertenze richieste dalle normative sono destinate al consumatore finale, «e secondo la legge il ristoratore potrebbe essere considerato tale» osserva Tepedino. «Da una parte il gestore del locale è tenuto a rispettare la norma seguendo le corrette modalità di cottura; dall’altro non sembra tenuto a precisare nel menù le caratteristiche lassative di questi prodotti». Vuol dire che questi pesci possono essere serviti “senza indicazioni particolari” ai clienti di un ristorante o, peggio ancora, che possono essere serviti crudi ai clienti di un sushi bar.
Quanto al ruvetto, è possibile pescarlo nei nostri mari, in particolare nello Jonio, e on line si trovano perfino ricette per cucinarlo. Inoltre, come noi de Il Fatto Alimentare abbiamo già segnalato, questi pesci vengano commercializzati con l’equivoco nome di altre specie pregiate, come quello di “tonno bianco”.
Forse si tratta di un problema marginale rispetto ad altri legati al mondo ittico, ma sarebbe opportuno un intervento normativo.
Paola Emilia Cicerone
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Foto: Photos.com, US Food & Drugs Administration, Nipponia, Ancavico
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